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venerdì 30 gennaio 2015

Tra gnosi e sincretismo: gli yazidi

In questo post tratteremo di un gruppo religioso sconosciuto ai più: gli yazidi.



Attualmente sparsi tra le aree a maggioranza curda, tra Turchia, Iraq e Siria, gli yazidi nel corso dei secoli sono stati emarginati e mal tollerati per via della nomea di adoratori del diavolo, io personalmente mi sono imbattuta in questo nome per la prima volta, quando anni fa lessi "Incontri con uomini straordinari" di Gurdjieff.
Tra gli aneddoti d'infanzia dell'autore, si narrava di un curioso episodio: alcuni ragazzini avevano disegnato un cerchio bianco intorno ad un loro coetaneo yazida, e questo vi era misteriosamente rimasto bloccato dentro, non poteva uscirne in alcun modo e gridava disperato. Gurdjieff impietosito si avvicinò e non appena cancellò parte del cerchio, il misterioso ragazzino riuscì a fuggire. E' significativo, perchè chiunque conosca un pò di tradizioni magiche o rituali, sa bene che il cerchio è spesso legato all'evocazione di creature soprannaturali, se siete dei lettori di classici, avrete trovato questo elemento nel Faust, quando il protagonista evoca il demonio Mefistofele.


Al di là di supposizioni e fantasticherie, cosa sappiamo sugli yazidi? Raccogliendo i miei dati a disposizione, proverò a tracciarne un quadro esaustivo, per quanto possibile.
Partiamo dal nome:
-izad in persiano, o yazata in avestico(1), significa venerabile o angelo, vedremo più avanti perchè.
-Yazid è il nome del figlio del califfo Mu'awiya (circa VIII secolo), della dinastia Umayyad, colui che uccise il figlio di 'Ali, Husayn a Karbala in Iraq(2), secondo gli yazidi egli avrebbe in seguito abbandonato l'islam per abbracciare questa fede, per poi diffonderla nella zona dell'attuale Siria.



Figura importantissima e centrale del culto è "Malak Ta'us" un essere angelico, il cui nome vuol dire "angelo pavone".
Malak Ta'us è il più importante dei sette angeli creati da un dio (a cui non viene tributato nessun culto), egli cadde dal cielo per una colpa non ben precisata nei testi, di cui ben presto si pentì, tanto che le sue copiose lacrime riuscirono ad estinsero il fuoco di tutti gli inferni, ed a seguito di ciò fu rimesso in cielo dal dio.
Questi sette esseri o angeli sono le potenze attive di Dio, essi dispensano benedizioni e disgrazie sulla terra e possono entrare in comunicazione con l'uomo.
I loro nomi richiamano personaggi della storia dell'islam, in quanto gli angeli sono scesi più volte sulla Terra per reincarnarsi in particolari uomini e profeti.
Tra questi vi è Shaikh 'Adi ben Musafir, conosciuto anche dai musulmani come sufi e mistico, che ricevette intorno all'XI secolo una rivelazione, e si recò a Lalish nel nord Iraq, per abitare in una caverna, nella zona eseguì numerosi miracoli di guarigione, ed è attualmente seppellito nel complesso templare mostrato nelle foto seguenti.



La ritualità yazida ha elementi sincretici, si praticano battesimo, un rito di condivisione del pane e del vino simile alla comunione cristiana, digiuni in alcuni periodo dell'anno, feste delle stagioni e persino danze dal sapore sufi.
Vari onori sono tributati alle effigi dell'angelo pavone che in alcune ricorrenze vengono portate di villaggio in villaggio.
Particolare importanza ha anche la festa del pellegrinaggio a Lalish che cito brevemente proprio per sottolineare un altro elemento sincretico: nel corso delle celebrazioni i pellegrini recitano canti per onorare il saggio Shaikh Adi,  e non solo, in quanto tra gli inni ve n'è anche uno detto "Canto di Malak 'Isa", ossia canto dell'angelo Gesù, questo rituale poi degenera in pura ritualità frenetica, quasi sciamanica, con ritmi di tamburo ossessivi, seguendo i quali i fedeli si contorcono e si agitano per terra tra forti grida.


Il Kitab aljilwa, il libro della rivelazione è il più importante testo sacro della tradizione yazida, in cui l'angelo pavone, parlando in prima persona, reclama ubbidienza e voti di silenzio da parte dei suoi fedeli, offrendo in cambio benedizioni e potere.
In parte è anche questo aspetto misterico ed elitario, che non facilità l'accesso alle conoscenze da parte degli "estranei", a rendere molti aspetti di questo culto ancora ignoti agli studiosi.
Nell'attesa che future generazioni di impavidi orientalisti sollevino alcuni interrogativi, vi lascio con un estratto di una preghiera con cui si onora Malak Ta'us

"O Signore, tu sei il Dio del viaggio,
Signore della luna e della tenebra,
Signore del trono sublime,
Sei il Dio della benedizione,
Tu sei il trono e io sono nulla,
Io sono debole e caduto,
sono caduto e tu ti ricordi di me,
Ci hai condotti dalla tenebra alla luce."




(1)Avestico= antica lingua della famiglia indoiranico, oggi attualmente utilizzata solo nei testi sacri dello Zoroastrismo, la raccolta degli Avesta.
(2) Husayn= figlio di 'Ali il genero di Muhammad, dagli sciiti è considerato il terzo imam, venne ucciso a Karbala assieme ai suoi parenti e compagni, per essersi ribellato alla presa di potere degli Umayyud, la sua morte viene ricordata dai seguaci della shia nel giorno dell'Ashura, un giorno del calendario lunare islamico, la cui corrispondenza col calendario solare regolare cambia ogni anno.

mercoledì 21 gennaio 2015

To English speaking guests interested in Indian, Tibetan, and Arabic culture

                                                              SERVICE ALERT!





Hello to everybody! I've noticed that my new blog has been accessed by English speaking people (or

English speaking countries),  if you are interested in themes such as Indian, Tibetan and Arabic

folklore, religion and history, let me know it by posting your comments.

So if it's requested I'll add bilingual posts, that's not a problem for me, absolutely!

Just make me understand if it's useful to anyone. I hope to read you all soon, or later!








Akbar il patrono della tolleranza e Fatehpur Sikri

Fatehpur Sikri, Agra, India.
Stasera varcheremo (telematicamente) le soglie di un luogo meraviglioso, posto sotto la protezione dell'UNESCO, vicino Agra in India.
Vi voglio raccontare la storia di Fatehpur Sikri, ovvero La Città Della Vittoria.



Il complesso monumentale mostrato nelle foto,  era la residenza in cui Akbar, imperatore della dinastia mughal, risiedeva assieme alla sua corte.
Fu proprio egli a dare ordine di costruire questa magnifica residenza nel 1570, principalmente per rendere ad omaggio a Sheikh Salim, un sufi dell'ordine Cisti(1), da cui si racconta, l'imperatore si fosse recato per ottenere benedizioni al fine di avere un erede maschio, cosa che si verificò poco tempo dopo, e pertanto egli ne rimase eternamente riconoscente.

Questa bellissima cupola di marmo bianco è la tomba costruita in memoria del santo, oggi meta di pellegrinaggi da parte di donne musulmane e non solo, che desiderano avere figli.

Si può affermare che questa meraviglia in pietra rossa, rappresenti in sintesi il glorioso passato dell'India, che ben prima della dominazione inglese, era un impero, e come tale rimase unificata per secoli, grazie ad imperatori come Akbar, citato poco prima, che si distinsero per la tolleranza e il rispetto mostrato verso altre fedi e culture.
Sebbene musulmano, come i suoi antenati centroasiatici prima di lui, il regno di Akbar rappresentò un'innovazione, sotto il suo dominio le religioni dell'impero vennero trattate con egual rispetto, abolì la jizya, il testatico che tutti i sudditi non musulmani in India erano tenuti a pagare e permise la costruzione di nuovi templi induisti, cosa che prima di allora era severamente proibita.
Dallo spirito curioso, cominciò a studiare le diverse filosofie religiose, induismo, mistica islamica, buddhismo, e allo scopo di istruirsi in maniera efficace adibì una delle sale del complesso come sede di dibattiti interreligiosi, a cui lui assisteva.
Queste conoscenze fecero maturare in lui una consapevolezza: tutte le fedi degli uomini possedevano la verità, ma solo in parte, e mettendole assieme, ci si poteva avvicinare alla conoscenza vera e pura.


Così nel 1582 fondò un movimento religioso la "Din-ilahi" (lett. la religione di Dio) che prendeva spunto dalle varie correnti musulmane e dalle religioni dell'India, era priva di un clero e non possedeva dei propri testi sacri, i seguaci erano favorevoli al vegetarianesimo e si opponevano alla violenza.
Sfortunatamente ben pochi vi aderirono e così questa dottrina scomparve alla morte dell'imperatore.
Ma la sua eredità rimase, perchè in fondo, l'India è nella sua natura, una madre accogliente, luogo di nascita di numerose fedi, scienze e uomini di genio. E contiamo che il suo presente e poi il suo futuro, possano renderle gloria, e farla così proseguire in una direzione ancora migliore di verità e tolleranza!













(1) Ordine Chisti= movimento della mistica islamica sufi, nato nel X secolo in Afghanistan nell'omonima località, i seguaci del culto sono notoriamente aperti, accettando tra i propri adepti, anche non musulmani, inoltre gli aderenti pongono molta attenzione all'ideale ascetico, distanziandosi da ogni fonte di corruzione e attaccamento mondano.

domenica 18 gennaio 2015

Il demone e il monaco, storie d'ordinaria amministrazione in Tibet

Nella cultura popolare Lang Darma è rappresentato come un demone munito di corna e dotato di lingua nera. Da qui l'usanza presso i tibetani di salutarsi grattandosi la parte superiore della nuca e mostrando la lingua a riprova del fatto di non trovarsi di fronte a un demone cornuto."
da Tibet Mito e Storia di P.Angelini

Lang Darma è stato un usurpatore del trono tibetano nel IX secolo. Appoggiato dai sacerdoti Bon, ripristinò gli antichi culti e privilegi.
Ferocemente avverso al buddhismo aizzò violenze contro i monaci e fece chiudere i monasteri buddhisti, tanto da venir considerato dai posteri un demone.








Un giovane monaco chiamato Palgy Dorje, potente allievo di Padmasambhava, era un esperto di arti magiche e si diceva che fosse in grado di attraversare le rocce e di volare, quando venne a conoscenza delle persecuzioni del despota, spinto dalla compassione decise di partire per porre fine al suo regno di terrore (*).
Giunto a Lhasa, la capitale, si distinse per la sua abilità nella danza, tanto che le guardie del re, gli chiesero di venire a corte per mostrare le sue capacità inusuali al re. Ma una volta giunto al cospetto del re, tra un passo di danza e l'altro, estrasse arco e frecce, precedentemente celati sotto la sua tunica e con questi colpì il sovrano in un occhio che morì sul colpo, in seguito approfittando della confusione, riuscì a fuggire col suo cavallo, facendo così perdere le sue tracce.









 La danza del cappello nero, popolare in Tibet, richiama la vicenda prima citata, in quanto si dice che Pelgyi Dorje, indossasse indumenti simili quando giunse dal malvagio re, lo scopo di questa danza rituale è quello di eliminare le energie negative e gli ostacoli che ci impediscono di conoscere la realtà ultima al di là dell'ego, attraverso tre principali livelli riprodotti simbolicamente dalle parti del vestiario: quello esterno ossia l'ambiente e i suoi condizionamenti, quello interno costituito dalle emozioni e dalla sofferenza, e quello segreto che concerne l'identificazione della mente con il corpo (e quindi l'ego). I rapidi movimenti dei danzatori comunicano agli spettatori la gioia e la libertà acquisita una volta che la realtà viene riscoperta nella sua vera natura.





(*)= in un'ottica buddhista, uccidere un malvagio è un atto di misericordia nei suoi confronti, più che nei confronti degli oppressi, chi indulge nell'omicidio e nella violenza, accumulerebbe molto karma negativo se non venisse fermato, chiaramente è un discorso a livello simbolico, per mostrare fino a che punto un illuminato è disposto a salvare gli esseri dalla sofferenza, fino al punto di sacrificare la sua fedina... karmica! Essendo un tema un pò contorto, approfondirò la questione in un prossimo articolo narrando un jataka, ossia una storia sulle mitiche rinascite precedenti del Buddha storico Gautama.

giovedì 15 gennaio 2015

E' proprio uno che viene dall'isola di Wak Waq!


Dissero ad Hasan al-Basri "Non potresti giungere all'isola di Wak Wak neanche se i jinn volanti e le stelle vaganti ti assistessero, questo perchè tra te e quell' isola ci sono sette valli, sette mari e sette montagne di infinità grandezza." Storia di Hassan al- Basri, Mille e una notte.


Dov'era diretto il nostro Hasan al-Basri? E sopratttutto cosa cercava? 
In questo racconto si narra che il giovane s'invaghì di una misteriosa donna che possedeva un abito di piume che le permetteva di volare, e al fine di impedirle di spiccare nuovamente il volo, glielo nascose e la sposò, incastrata doppiamente insomma.
Ma un giorno la donna uccello, una volta ritrovato il proprio abito, svanì inaspettatamente così come era giunta, lasciando però ad Hassan un ultimo messaggio, in cui riferiva di trovarsi nell'isola di Wak Wak.




















Il nome di questo luogo ricorre spesso nelle leggende arabe e persiane, in particolare riferimento ad un omonimo albero, l'albero di Wak Wak, una mitica pianta dai frutti a forma di teste o uomini interi, (si parla soprattutto di donne nude di incredibile bellezza) i quali morivano non appena toccavano il suolo esclamando infine "Wak Wak!"
Secondo altre versioni invece il Wak Waq è un albero che sussurra presagi, e cresce in un'isola governata da sole donne, probabilmente simili alle amazzoni, o fattucchiere come la donna ricercata dal protagonista del racconto delle mille e una notte.





Essendo l'isola amena un soggetto ricorrente nei racconti di marinai ed eroi di tutte le epoche, è difficile dire se l'isola in questione sia esistita o meno, si ipotizza comunque che tale posto possa essere il Madagascar in malgascio Vahoaka, che per altro è già noto alle cronache fantastiche della mille e una notte come possibile patria del Rok, enorme aquila in grado di ghermire persino elefanti (in realtà l'unico uccello autoctono di grandi dimensioni, "l'uccello elefante" ormai estinto da qualche secolo, era inabile al volo).
Una chicca sul titolo: essere qualcuno che viene dall'isola di Wak Wak è un modo di dire arabo che corrisponde al nostro italiano "venire da un altro pianeta", pertanto, se apparite abbastanza bizzarri alla gente comune, sappiate che non c'è bisogno di cercare un lontano pianeta in cui rifugiarvi, ma c'è l'isola di Wak Wak in qualche mare ignoto che vi aspetta!

martedì 13 gennaio 2015

Il Nido della tigre (Paro Taktsang), Bhutan

Per rendere onore all'iniziatore della tradizione dei terton e a lui che è tra i maggiori maestri, ossia Guru Rinpoche, non posso che non aprire il blog con un argomento a tema.


  Paro, Bhutan (1692)

Questo monastero chiamato Nido della Tigre (Paro Taktsang) sorge a circa 3000 m di altezza ed è uno degli scorci più spettacolari del Bhutan, splendido regno himalayano.
Sul perchè del nome e riguardo alla sua origine si racconta che Padmasambhava, maestro del buddhismo vajryana nell'area molto riverito, vi giunse nell'VIII a cavallo di una tigre volante, che altro non era che un'emanazione della sua divina consorte.
In cima al picco combattè e sconfisse un demone, dopo di che si ritirò in una grotta e rimase in meditazione per 3 anni.
A seguito della conversione del popolo bhutanese al buddhismo, nel periodo tra marzo e aprile si festeggia in tutta la grande vallata vicina, una festa in suo onore.




Proprio allo scopo di combattere e spaventare i demoni, Padmasambhava (come mostrato nelle due immagini sopra) si manifesta nella forma irata (ugra sanscr.) di Dorje Drolo, armato di un vajra nella mano destra, simbolo del fulmine, ma anche del diamante, segno di una mente forte e  indistruttibile, e di un kila, pugnale forgiato col ferro di un meteorite nella sinistra, a cavallo della tigre prima citata, ovvero la sua consorte Mandrava.
Nelle località teatro dei suoi scontri, pare che il guru abbia lasciato le orme nere dei suoi piedi, tutt'ora visibili.